Lo splendore della Sicilia

Posted on 13/09/2010

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Tra arte, storia, miti e leggende.
I miti e le leggende sono dei racconti tramandati verbalmente di generazione in generazione o attraverso l’arte che li ha raffigurati. Appartengono ad un periodo in cui l’uomo non aveva ancora una base culturale per poter spiegare i fenomeni di cui era testimone e li rappresentava sotto forma di racconti fantastici e simboli che racchiudevano in sé l’essenza e il potere evocatorio di una storia. Sicuramente quelle leggende non si fondano su conoscenze scientifiche sufficienti a spiegare razionalmente gli avvenimenti del periodo ma sono l’emblema di un mondo scomparso che dava la rappresentazione di sé e del proprio modo di vivere nelle storie tramandate, sono la rappresentazione fantastica di un tempo in cui i misteri della vita non erano stati svelati e di come l’uomo li raffigurava nella fantasia. E’ un mondo misterioso e romantico che è giunto fino a noi attraverso la musica, l’arte e la poesia, con le ballate, i cantastorie, il folklore, le tradizioni locali, le raffigurazioni pittoriche ed i pochi testi scritti che sono stati ritrovati. La storia ha poi cambiato il modo di vivere che ha determinato la scomparsa di queste leggende che ha sostituito poi con espressioni culturali più complete sia nella musica che nella letteratura, nella poesia e nell’arte, la scienza ci ha sfatato i miti e ci ha portati sulla luna ma ci ha tolto anche lo stupore e la meraviglia con cui si ascoltavano le vecchie storie. La Sicilia è terra di antiche leggende, di musica immortale, di letterati e artisti famosi oltre che di paesaggi stupendi e di antiche tradizioni.

Video Immagini suggestive della Sicilia

Video Uno sguardo sulla Sicilia

Video San Vito Lo Capo Trapani

Video La ballata di Carini (La Baronessa di Carini)

Video Domenico Modugno – Vitti ‘na crozza

Video Andrea Bocelli – E vui durmiti ancora (da Incanto)

Video E vui durmiti ancora

“Canzone siciliana di Gaetano E. Calì, versi del poeta Giovanni Formisano, arrangiata da Ettore Limoli.
Questo brano è spesso citato come la più famosa serenata siciliana, in realtà è una mattinata (lu suli è già spuntatu)… Una mattinata veniva dedicata probabilmente ad una donna sposata, si aspettava che all’alba il marito uscisse di casa e non la si poteva cantare apertamente, a piena voce, ma con finta indifferenza.
Ho immaginato una situazione di questo tipo: un uomo si aggira per il vicolo (vanedda) di buon mattino portando a spasso i cani per una battuta di caccia e ne approfitta per rivolgere il suo saluto alla bella dormiente. Il suo fare è apparentemente distratto ma il suo canto rivela il segreto che si porta nel cuore. Col carretto avanza lentamente per il vicolo e, mentre col fischio richiama i cani, intona il suo toccante richiamo damore.
I tenori di fine ‘800 amavano infiocchettare i brani per far sfoggio delle loro doti canore, si è dovuto attendere la direzione di un “Arturo Toscanini” perché questa moda scomparisse dalle scene della lirica. La mancanza di una vera cultura musicale siciliana, a parte Vincenzo Bellini, portava i tenori di fine ‘800 inizi ‘900 a ispirarsi alla tradizione napoletana falsando, a mio avviso, lo spirito di brani che, come questo, napoletani non erano. Per questo motivo ho eliminato tutti i napoletanismi restituendo la sua sicilianità al brano e rendendolo meno legato alle mode del suo tempo.”

By Ettore Limoli

Vincenzo Salvatore Carmelo Francesco Bellini (Catania, 3 novembre 1801 – Puteaux, 23 settembre 1835) è stato un compositore italiano, tra i più celebri operisti dell’Ottocento. Le sue opere più famose e rappresentate sono La sonnambula, Norma e I puritani. Nacque a Catania in Piazza San Francesco, 3 il 3 novembre 1801. Dalla finestra del pianerottolo della casa natale si vede perfettamente, incastonato tra vecchie case, il Teatro Greco della città. La vista del monumento illuminato dalla luna non può non aver ispirato la celebre aria “Casta diva” dal capolavoro “Norma”. Dotato di una prodigiosa vena melodica, Bellini dedicò la sua breve vita alla composizione. Il suo talento nel cesellare melodie della più limpida bellezza, conserva ancora oggi un’aura di magia, mentre la sua personalità artistica si lascia difficilmente inquadrare entro le categorie storiografiche.
Legato ad una concezione musicale antica, basata sul primato del canto, sia esso vocale o strumentale, il siciliano Bellini portò prima a Milano e poi a Parigi un’eco di quella cultura mediterranea che l’Europa romantica aveva idealizzato nel mito della classicità. La musica del compositore catanese è stata riletta concentrando l’attenzione su una particolare concezione del suono, della voce e dei silenzi le cui radici – secondo musicologia contemporanea – affonderebbero nella musica della Grecia antica e dell’area del Mar Mediterraneo piuttosto che nella moderna tradizione musicale europea.

Video Maria Callas – Dalla Norma di Vincenzo Bellini: Casta Diva

MITI

Aretusa

Il mito più famoso di Siracusa è quello della ninfa Aretusa, figlia di Nereo e di Doride. La ninfa al seguito di Artemide, correndo libera tra i boschi del Peloponneso, fu vista dal giovane Alfeo, figlio del dio Oceano, che si innamorò perdutamente di lei spiandola mentre faceva il bagno nuda. Aretusa però fuggì dalle sue attenzioni, scampando sull’isola di Ortigia, a Siracusa, dove la dea Artemide la tramutò in una fonte. Zeus, commosso dal dolore di Alfeo, lo mutò in fiume a sua volta, permettendogli così, dal Peloponneso, in Grecia, di percorrere tutto il Mar Ionio per unirsi all’amata fonte. Ancora oggi il mito rivive nell’isola di Ortigia grazie alla cosiddetta Fonte Aretusa, uno specchio di acqua che sfocia nel Porto Grande di Siracusa. Zeus, commosso dal dolore di Alfeo, lo mutò in fiume a sua volta, permettendogli così, dal Peloponneso, in Grecia, di percorrere tutto il Mar Ionio per unirsi all’amata fonte. Ancora oggi il mito rivive nell’isola di Ortigia grazie alla cosiddetta Fonte Aretusa, uno specchio di acqua che sfocia nel Porto Grande di Siracusa.

Cariddi

Cariddi nella mitologia greca era un mostro marino. In principio, Cariddi era una donna, figlia di Poseidone e Gea, dedita alle rapine e famosa per la sua voracità. Un giorno rubò ad Eracle i buoi di Gerione e ne mangiò alcuni. Allora Zeus la fulminò facendola cadere in mare, dove la mutò in un mostro che formava un vortice marino, capace di inghiottire le navi di passaggio.
La leggenda la situa presso uno dei due lati dello stretto di Messina, di fronte all’antro del mostro Scilla. Le navi che imboccavano lo stretto erano costrette a passare vicino ad uno dei due mostri. In quel tratto di mare i vortici sono causati dall’incontro delle correnti marine, ma non sono di entità rilevanti. Secondo il mito, gli Argonauti riuscirono a scampare al pericolo, rappresentato dai due mostri, perché guidati da Teti madre di Achille, una delle Nereidi.

Etna

Etna è il nome di una dea della mitologia greca. Era considerata figlia di Urano e Gea. Il drago Tifone, si supponeva, viveva nelle viscere dell’omonimo vulcano e né causava le distruttive eruzioni. La Sicilia, terra di vulcani e frumento, era causa di dispute tra Efesto e Demetra, dei rispettivamente del fuoco e delle messi. Etna fece da arbitro.

Il ratto di Proserpina

Persefone (Proserpina), figlia di Demetra, viene rapita da Ade, dio degli inferi, che si era invaghito di lei, il quale emerge dall’oltretomba da una grotta situata nel Lago di Pergusa nei pressi di Enna, dove secondo il mito Persefone era intenta a cogliere fiori. Un giorno il dio ghermisce la fanciulla sul suo carro, mentre le fanciulle che la accompagnavano cercano disperatamente di trattenerla. Persefone lotta, ma ormai i cavalli stanno già varcando le soglie del regno dei morti.

Ciane e Anapo

Persefone, figlia di Zeus e di Demetra, dea della vegetazione e dell’agricoltura, era intenta a cogliere fiori insieme ad alcune ninfe presso le rive del lago Pergusa (vicino ad Enna). Improvvisamente, dal suo regno sotterraneo sbucò fuori Ade, innamorato della fanciulla, che per non perdere tempo in corteggiamenti e soprattutto per evitare di chiedere la mano di Persefone al fratello Zeus, decise di rapirla. Fu la ninfa Ciane a reagire al rapimentoaggrappandosi al cocchio di Ade nel tentativo disperato di trattenerlo. Il dio incollerito, la percosse col suo scettro trasformandola in una doppia sorgente dalle acque color turchino (cyanos in Greco vuol dire appunto turchino). Il giovane Anapo, innamorato della ninfa Ciane vistosi liquefare la fidanzata, si fece mutare anch’egli nel fiume che ancor oggi, al termine del suo percorso si unisce nelle acque al Ciane, per versasi nel Porto Grande.

LEGGENDE

Il Castagno dei Cento Cavalli è un albero di castagno plurimillenario, ubicato nel Parco dell’Etna in territorio del comune di Sant’Alfio (CT). Il castagno, considerato come il più famoso d’Italia[1], è stato studiato da diversi botanici e visitato da molti personaggi illustri; la sua storia si fonde con la leggenda di una misteriosa regina e di cento cavalieri con i loro destrieri, che, si narra, vi trovarono riparo da un temporale. Si narra che una Regina, con al seguito cento cavalieri e dame fu sorpresa da un temporale, durante una battuta di caccia, nelle vicinanze dell’albero e proprio sotto i rami trovò riparo con tutto il numeroso seguito. Il temporale continuò fino a sera, così la regina passò sotto le fronde del castagno la notte in compagnia, si dice, di uno o più amanti fra i cavalieri al suo seguito. Non si sa bene quale possa essere la regina, secondo alcuni si tratterebbe di Giovanna d’Aragona, secondo altri Giovanna I d’Angiòed è così che la leggenda verrà collegata all’insurrezione del Vespro (XIV-XV secolo). Ma è tutto, molto probabilmente, frutto della semplice fantasia popolare. Ad esempio la regina Giovanna d’Angiò, pur essendo nota per una certa dissolutezza nelle relazioni amorose, è quasi certo che non fu mai in Sicilia. Traendo spunto dalla leggenda, alcuni poeti cantarono del castagno e della regina, fra questi vanno citati Giuseppe Borrello e Giuseppe Villaroel che furono fra i maggiori poeti dialettali catanesi del XIX secolo, e Carlo Parini.

La Fata Morgana

Una leggenda ampiamente diffusa in tutta l’area dello Stretto narra che durante le invasioni barbariche in agosto, mentre il cielo e il mare erano senza un alito di vento, e una leggera nebbiolina velava l’orizzonte, un’orda di conquistatori dopo avere attraversato tutta la penisola giunse alle rive della città di Reggio e si trovò davanti allo stretto che divide la Calabria dalla Sicilia. A pochi chilometri sull’altra sponda sorgeva un’isola – la Sicilia – con un gran monte fumante – l’Etna – ed il Re barbaro si domandava come fare a raggiungerla trovandosi sprovvisto di imbarcazioni, quindi impotente davanti al mare. All’improvviso apparve una donna molto bella, che offrì l’isola al conquistatore, e con un cenno la fece apparire a due passi da lui. Guardando nell’acqua egli vedeva nitidi, i monti, le spiagge, le vie di campagna e le navi nel porto come se potesse toccarli con le mani. Esultando il Re barbaro balzò giù da cavallo e si gettò in acqua, sicuro di poter raggiungere l’isola con un paio di bracciate, ma l’incanto si ruppe e il Re affogò miseramente. Tutto infatti era un miraggio, un gioco di luce della bella e sconosciuta donna, che altri non era se non la Fata Morgana.
La leggenda della Fata Morgana, riferita allo stretto di Messina, nasce da un fenomeno ottico che si verifica tra le due sponde nei giorni in cui il mare è calmo con una inversione termica negli strati bassi dell’aria a contatto dell’acqua. A causa della diversità di densità dell’aria, specialmente nelle prime ore del mattino, si ha l’illusione ottica di vedere, come fosse dentro un grande specchio, sospesa una città fantastica che muta continuamente di forma e di colore. Il fenomeno, che avviene anche in molti altri posti nel mondo, sullo stretto è molto suggestivo ed è visibile da entrambe le sponde. La gente non ha tardato molto ad imputare questa apparizione alla Fata Morgana, che, in occasione del suo arrivo nelle acque dello stretto, fa emergere dal fondo il meraviglioso castello che ivi ha costruito.
Salfiotti distingue quattro tipi di fata Morgana:
L’Atmosferica, nel caso in cui le immagini si mostrano in aria con l’effetto di avvicinamento della sponda siciliana a quella calabrese clabrese.
La Semplice, quando lo specchio generatosi riproduce senza moltiplicarli gli oggetti presenti sulla riva.
La Centupla o Multiplice, allorquando la ripercussione avviene moltiplicando gli oggetti e mostrando ora un punto, ora un altro dei luoghi circostanti sempre centuplicati (Ignazio Angelucci in una sua lettera parla di una replica di più di diecimila pilastri).
La Mista od Iride fregiata, quando le immagini ripercosse si osservano contemporaneamente nel mare e nell’aria e contornate dai colori dell’iride.

Video Otello Profazio – Colapesce

La leggenda di Colapesce – E’ un racconto dalle molte varianti di cui alcune risalgono al 1300. La leggenda narra di un certo Nicola con il diminutivo di “Cola” di Messina, figlio di un pescatore, soprannominato Colapesce per la sua abilità di muoversi in acqua. Quando tornò dalle sue numerose immersioni in mare raccontò le meraviglie che vide, e addirittura una volta portò un tesoro. La sua fama arrivò al re di Sicilia ed imperatore Federico II che decise di metterlo alla prova.
Il re e la sua corte si recarono pertanto al largo a bordo di un’imbarcazione. Per prima cosa buttò in acqua una coppa, e subito Colapesce la recuperò. Il re gettò allora la sua corona in un luogo più profondo, e Colapesce riuscì nuovamente nell’impresa.
Per la terza volta il re mise alla prova Cola gettando un anello in un posto ancora più profondo, ma passò il tempo e Colaspesce non riemerse più. Secondo la leggenda, scendendo ancora più in profondità Colapesce aveva visto che che la Sicilia posava su 3 colonne delle quali una consumata dal fuoco dell’Etna, e aveva deciso di restare sott’acqua, sorreggendo la colonna per evitare che l’isola sprofondasse, e ancora oggi si trova a reggere l’isola. Si dice che quando Messina trema un pò sia perchè Colapesce riprende fiato.

DALLA TRADIZIONE SICILIANA

La tradizione siciliana  si esprime anche nelle produzioni artigianali di cucine in muratura che nascono dal sapiente uso della ceramica e dallo stile siciliano che ne contraddistingue colori e forme. Nel rispetto delle origini, ma con nuove tecniche di lavorazione, l’artigianato è parte integrante dell’economia della regione. L’artigianato siciliano si avvale di materiali facilmente reperibili sul territorio. la zona dell’Etna prevale la lavorazione della lava: l’artigianato esclusivo della pietra lavica è particolarmente fertile tra Paternò e Acireale, dove va segnalata la nuova decorazione cromatica su lastra con tecnica ceramica. Le cucine in muratura sono realizzare con piani in pietra lavica ceramizzati, mattonelle e muretti effetto muro e piastrellati.

 

Franco Battiato, (Jonia, 23 marzo 1945), è un cantautore, regista e pittore italiano. Considerato da sempre il “maestro” della canzone. È fra le personalità più eclettiche, originali e influenti del panorama artistico/musicale italiano; si è confrontato con molteplici stili musicali, combinandoli spesso tra loro: dagli inizi romantici, alla musica sperimentale, passando per l’avanguardia colta, l’opera lirica, la musica etnica, il rock progressivo e la musica leggera. Ha sempre conseguito un grande successo di pubblico e di critica, avvalendosi sovente di collaboratori d’eccezione come il violinista Giusto Pio e il filosofo Manlio Sgalambro (co-autore di molti dei suoi brani). Non solo la musica, ma anche i suoi testi riflettono i suoi molteplici interessi, tra i quali l’esoterismo, la filosofia e la meditazione orientale. Genere: rock progressivo, musica leggera, pop rock, avanguardia, musica sperimentale, musica elettronica, alternative dance, new wave, dance rock.

Video Franco Battiato – Stranizza d’amuri

Video Franco Battiato – Atlantide

Tutto l’universo obbedisce all’amore

Rara la vita in due fatta di lievi gesti
e affetti di giornata, consistenti o no,
bisogna muoversi come ospiti pieni di premure
con delicata attenzione per non disturbare…

ed è in certi sguardi
che si vede l’infinito

Stridono le auto come bisonti infuriati,
le strade sono praterie…
accanto a grattacieli assolati,
come possiamo tenere nascosta la nostra intesa

ed è in certi sguardi
che s’intravede l’infinito

Tutto l’universo obbedisce all’amore,
come puoi tenere nascosto un amore.
Ed è così
che ci trattiene nelle sue catene
tutto l’universo obbedisce all’amore

Come possiamo
tenere nascosta la nostra intesa
ed è in certi sguardi
che si nasconde l’infinito

Tutto l’universo obbedisce……………

‘U cuntu

‘Usennu stamu piddennu ‘u sennu
ti ni stai accuggennu unni stamu jennu a finiri
‘ccu stu munnu ca sta ‘mpazzennu
luceunu ‘i stiddi dda
luntanu supra ‘u mari
li cosi cari parunu cchiù beddi
nan sacciu cchi fu a ieri visti ‘a motti
addummisciuta ‘nda ‘na gnuni
nan si uosi arrusbigghiari
Hic et nunc non habeo dispositionem mentis
latus mundi insanus est
malus imbutus malis libidinibus.

Andrea Calogero Camilleri (Porto Empedocle, 6/9/1925) é uno scrittore, sceneggiatore e regista italiano. Con il romanzo La danza del gabbiano vince nel 2009 la XXIV edizione del Premio Cesare Pavese . Nel 2008 ha vinto il Premio international de novela negra RBA che sarà pubblicato in Italia l’anno dopo con il titolo la rizzagliata.  Con le sue opere fino ad oggi Camilleri ha venduto più di 10 milioni di copie. Alla fine del 2002, accetta la nomina di direttore artistico del Teatro Comunale Regina Margherita di Racalmuto, inaugurato nel febbraio 2003 alla presenza del Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi. Oltre a tutta la sua produzione letteraria, nel 2004 pubblica, altri romanzi con protagonista Montalbano, che hanno visto la loro fortuna anche attraverso una serie televisiva dedicata al commissario: La forma dell’acqua, Il cane di terracotta, Il ladro di merendine, La voce del violino, Un mese con Montalbano, Gli arancini di Montalbano, La gita a Tindari, L’odore della notte,  La paura di Montalbano, Storie di Montalbano, Il giro di boa, La pazienza del ragno, La prima indagine di Montalbano, La luna di carta, La vampa d’Agosto, Le ali della sfinge, La pista di sabbia, Il campo del vasaio, L’età del dubbio, Racconti di Montalbano, Il Commissario Montalbano – Le prime indagini, La danza del gabbiano , Ancora tre indagini per il commissario Montalbano, La caccia al tesoro, Acqua in bocca (in collaborazione con Carlo Lucarelli), La tana delle vipere, Una voce di notte.

Video Il Commissario Montalbano da un racconto di Andrea Camilleri – Una gita a Tindari (scena finale)

Clicca qui per conoscere alcuni personaggi illustri siciliani

Per citarne alcuni:
Scrittori: Luigi Pirandello – Giovanni Verga – Leonardo Sciascia – Elio Vittorini –
Poeti: Lucio Piccolo – Ignazio Butitta – Teocrito – Giovanni Meli – Vitaliano Brancati – Salvatore Quasimodo, premio Nobel per la letteratura nel 1959 –
Musicisti: Alessandro Scarlatti
Filosofi: Empedocle – Giovanni Gentile
Attori: Franco Franchi e Ciccio Ingrassia – Turi Ferro – Lando Buzzanca – Angelo Musco
Scultore: Giacomo Serpotta – Pietro Consagra
Patrioti: Rosolino Pilo
Pittori: Antonello da Messina – Renato Gottuso
Storici e politici: Michele Amari – Don Luigi Sturzo
Registi: Giuseppe Tornatore
Scienziati: Archimede – Zichichi
Architetti: Ernesto Basile
Critici letterari: Luigi Russo

CUCINA TRADIZIONALE

Antipasti

Arancini di riso

Ingredienti: gr. 500 riso; gr. 200 carne di vitello tritata; gr. 100 rigaglie di pollo; gr. 50 parmigiano grattugiato; 2 uova; cipolla, salvia; pane grattugiato, farina, brodo; strutto o olio, noce di burro, sale.

Procedimento: nettate ed affettate le rigaglie di pollo. In una casseruola di terracotta fate appassire in una noce di burro una piccola cipolla tritata insaporita con una foglia di salvia. Aggiungete la carne e le rigaglie e quando sono insaporite mettete il sale. Lasciate cuocere a fuoco lento per quindici minuti ed intanto lessate il riso in un litro di brodo bollente salato in modo che a cottura ultimata il liquido risulti completamente assorbito. Versate il riso in una terrina e dopo averlo mescolato con il formaggio e due uova, lasciatelo intiepidire. Raccogliete nel palmo della mano una cucchiaiata di riso, fate una piccola conca al centro e mettete un poco di sugo di carne. Coprite con un’altra cucchiaiata di riso e premendo tra i palmi, date al composto la forma di una piccola arancia. Continuate l’operazione sino ad esaurimento degli ingredienti: passate gli arancini nella farina, nell’uovo battuto salato, nel pane grattato e friggeteli in abbondante strutto od olio fumante. Scolateli su carta assorbente in modo che perdano il grasso e disponeteli a piramide su un piatto di servizio e serviteli caldissimi.

Primi piatti

Pasta con le sarde

Ingredienti per 4 persone: gr 400 di maccheroni; gr 300 di sarde; gr 150 di finocchio selvatico; Un cucchiaio di pinoli; 4 acciughe salate; Uno specchio d’aglio, cipolla; Una bustina di zafferano; Olio, sale, pepe, farina.

Procedimento: friggete le sarde, dopo averle pulite, aver tolto lisca e testa e averle infarinate. Lessate i finocchi in abbondante acqua ed a cottura ultimata toglieteli e tritateli. Nell’acqua di cottura fate cuocere i maccheroni che scolerete al dente. Preparate una salsa rosolando nell’olio un trito di cipolla, aggiungendo poi i finocchi tritati i filetti d’acciughe spezzettati, l’aglio, l’uva sultanina fatta rinvenire nell’acqua tiepida, i pinoli, un po’ di pepe e lo zafferano. Allungatela se necessario con un po’ d’acqua tiepida.
Condite i maccheroni con questa salsa, serbandone qualche cucchiaiata. Ungete una pirofila e ponetevi a strati i maccheroni e le sarde sovrapponendo infine la salsa rimasta. Ponete in forno caldo per circa 10 minuti.

Secondi piatti

Tonno alla siciliana

Ingredienti per 6 persone: kg. 1 tonno fresco; gr. 600 pomodori maturi; aglio, cipolla, foglione di menta; vino bianco secco; olio di oliva, sale e pepe.

Procedimento: Fate delle tagli dal pezzo di carne di tonno e cingitelo con foglione di menta e fettine di aglio. Fatelo rosolare in un tegame con mezzo bicchiere di olio, quando avrà preso colore mettete il sale e bagnatelo con un bicchiere di vino bianco. Lasciate assorbire il vino, poi ritirate il tegame dal fuoco e tenetelo in caldo. In un altro tegame, in mezzo bicchiere di olio fate appassire una cipolla tritata fine e unite i pomodori sbucciati, privati dei semi e frantumati. Salate e lasciate consumare per una decina di minuti dopodiché versate la salsa in un tegame del tonno, con un bicchiere di acqua caldissima, coprite il recipiente e fate cuocere per altri 20 minuti. Servite il tonno alla siciliana, freddo tagliato a fette e cosparso di salsa.

Contorni

Caponata di melanzane

Ingredienti: 5 melanzane medie; gr. 500 pomodori maturi; un sedano verde pieno di gr. 300 circa; gr. 100 di olive verdi snocciolate; zucchero a piacere; sale e pepe, olio di oliva, capperi.

Procedimento: Tagliate le melanzane a dadi, aggiungete il sale e lasciate sgocciolate almeno per un paio d’ore affinché perdono l’amaro. Lavate i capperi ed asciugateli con un canovaccio: lavate il sedano, prosciugatelo e tagliatelo a pezzettini. Prendete un tegame ben capace data la quantità degli ingredienti, mettete l’olio e fate rosolare le melanzane sempre unendo e quando hanno preso colore aggiungete le olive, i capperi ed il sedano.
Mischiate almeno per altri 10 minuti poi inserite la salsa di pomodoro passata al setaccio e fate cuocere per più di un’ora. A cottura ultimata aggiungete quattro cucchiai di zucchero e quattro di aceto. Mescolate, lasciate brevemente riposare poi versate in una insalatiera e lasciate raffreddare. Potete gustare la caponata fresca o mantenerla fresco in vasi di vetro (naturalmente se volete conservarla a lungo dovrete sterilizzare i barattoli preparati).

Dolci

Cassata siciliana

La cassata siciliana é il dolce simbolo della Sicilia. Molto apprezzato in tutto il mondo, viene inviato fresco da parecchie pasticcerie siciliane. Gli ingredienti sono: pan di spagna, crema di ricotta frutta candita, capello d’angelo e glassa di zucchero. Invece per preparare il pan di spagna occorrono 100 grammi di farina, 250 grammi di zucchero, 8 uova, 25 grammi di burro, 80 grammi di fecola di patate, scorza di limone e sale. insieme allo zucchero finché il volume iniziale si triplica. Si aggiunge lentamente la farina, la scorza di limone grattugiata ed un pizzico di sale. Passare la casseruola sul fuoco a “bagnomaria”, si mescola continuamente ed intanto si versano gli albumi montati a neve, la fecola di patate ed il burro fuso. Il composto non va portato ad ebollizione e quando è ben amalgamato si versa in una pirofila rotonda di venticinque centimetri di diametro e con i bordi alti 15 centimetri. Il tutto va cotto al forno moderatamente caldo per quaranta minuti. Gli ingredienti per il ripieno sono: 250 grammi di ricotta fresca setacciata, 125 grammi di zucchero a velo, 20 grammi di dadolini di frutta candita, 20 grammi di cioccolata amara a pezzetti, 12 scorze di arancia candita, 12 ciliege sciroppate, 30 grammi di pistacchio verde tritato. La ricotta va setacciata ed unita allo zucchero a velo, alla frutta candita ed alla cioccolata. La glassa o sciroppo di zucchero va preparata con lo zucchero fondente sciolto a fuoco, ma evitando di raggiungere l’ebollizione con poca acqua ed un pizzico di vaniglia. Preparare una tortiera di venticinque centimetri di diametro e di quattro centimetri d’altezza sulla quale riporre una fetta di pan di spagna che va ricoperta con la crema già preparata; il tutto si ricopre con un’altra fetta di pan di spagna. Il prodotto così ottenuto va capovolto su di un disco di cartone coperto con carta a pizzo, operazione da svolgere con molta cura per evitare di rompere il preparato. La cassata così ottenuta va decorata per intero utilizzando la glassa di zucchero a velo tiepida e fatta asciugare. L’ultima fase della ricetta prevede di guarnire la cassata con frutta candita il capello d’angelo seguendo schemi ormai radicati nella tradizione.

Cannoli alla siciliana

Ingredienti:gr. 300 farina bianca; gr. 30 burro; gr. 30 zucchero semolato; gr. 30 pistacchi; gr. 400 ricotta; gr. 200 zucchero al velo; gr. 100 arancio, cedro, zucca di candita; gr. 50 cioccolato fondente; 1 uovo; marsala secco del buon vino secco; strutto per olio per friggere; cannella in polvere; sale.

Procedimento: mescolate la farina con il tuorlo d’uovo, lo zucchero, il burro sciolto, un pizzico del sale del vino oppure del marsala secchi, necessario per un impasto morbido e liscio.Coprite impasto con un canovaccio e lasciatelo riposare per due ore in un contenitore. Passate la ricotta al setaccio; con un mescolo di legno lavoratela unendo lo zucchero a velo fino a renderla cremosa; unite poi la frutta candita affettata in piccoli pezzi, il pistacchio tritato piuttosto grosso, il cioccolato fondente fatto a pezzetti e rimescolate il tutto. Riprendete la pasta, spianatela sottile con un matterello e tagliatela in quadrati di 10- 12 cm. Spennellate questi quadrati con albume d’uovo sbattuto ed avvolgeteli su pezzi di canna tagliati a misura ed accuratamente sterilizzati ( oppure su equivalenti stampi metallici). In una padella mettete dell’olio con l’aggiunta di qualche pezzetto di strutto e friggeteli ben larghi. Appena dorati e croccanti metteteli a colare, lasciateli raffreddare, alzateli dai tubicini e riempiteli con la ricotta. spargeteli di zucchero vanigliato e di cannella in polvere e serviteli.

Ricette tipiche siciliane – Primo album

Ricette tipiche siciliane – Secondo album

Proverbi siciliani

I proverbi sono la saggezza popolare che si ispira a comportamenti e modi di essere e che sono l’anima di un paese: i siciliani non amano il rischio del variare e sanno che

Li pruverbi sù tutti pruvati.

Il Verga anche attraverso i proverbi riuscì ad esprimere, nella maniera più immediata , la vita dei siciliani, sempre e tuttora scandita da norme precise e irrinunziabili.

Cu ‘havi a chi fari cu’ sperti,stassi cu’ l’occhi aperti.
Chi ha a che fare con i furbi,deve stare con gli occhi aperti

A casa, senza a fimmina, ‘mpuvirisci.
La casa, senza la donna, impoverisce.

A facci ca non è vista, è disiddirata.
Volto non visto, è più desiderato.

A fimmina ca havi russuri, attira chiù d’i ricchizzi.
La donna attira più col suo pudore, che colle sue ricchezze.

Ama a cu t’ama, rispunti a cu’ ti chiama.
Ama chi t’ama, rispondi a chi ti chiama.

Bona maritata, senza sòggira e cugnata.
E’ ben sposata, la donna che non ha né suocera né cognata.

Cu si marita ‘nto quartieri bivi ‘nto so bicchieri; cu si marita ‘nta centrata, bivi ‘nta cannata.
Chi sposa nel suo quartiere, beve nel suo bicchiere; chi sposa nella sua contrada, beve nell’anfora.

Fimmina barbuta, mancu di luntanu si saluta.
Donna barbuta, non salutarla neppure da lontano.

Fimmina bona, vali chiù di ‘na corona.
Una donna fine, val più di una corona regale.

Fimmina di tilaru, jaddina di puddaru, e trigghia di jnnaru.
Donna lavoratrice, gallina di pollaio, e triglia di gennaio.

Fimmina ca non s’allucia all’oru, vali chiossai di ‘n trisoru.
Donna che non si fa affascinare dall’oro, val più di un tesoro.

I fimmini quarchi vota dìciunu u veru, ma non lu dìciunu interu.
Le donne talora dicono il vero, ma non lo dicono intero.

Fimmina senza amuri è rosa senza oduri
Donna senza amore è una rosa senza odore

L’amuri è misuratu, cu lu porta, l’havi purtatu.
L’amore è reciproco, chi ne dà, ne riceve.

Fai bene e scordalu, fai male e pensaci
Se fai bene, dimenticatene; se fai male, pensaci

Tri sunu li putenti: ‘u papa, ‘u re e cu nun avi nenti
Tre sono i potenti: il papa, il re e chi non possiede niente

L’acqua si ni va ‘nta la pinnenza, l’amuri si ni va unni c’è spranza.
L’acqua scende lungo il pendio, l’amore se ne va dove c’è speranza.

La lontananza ‘un abbannuna amuri, chiuttostu menti ‘na vampa ‘nto cori.
Il distacco non fa diminuire l’affetto, anzi accende un fuoco nel cuore.

Muggheri onesta, trisoru ca resta.
Moglie onesta, tesoro che resta.

Non amari a cu t’ama è gran piccatu, amari a cu non t’ama è tempu persu.
Non amare chi t’ama è gran peccato, amare chi non t’ama è tempo perso.

Non c’è nenti chi fari, simpatia e antipatia su’ cosi naturali.
Non c’è niente da fare, simpatia e antipatia son fatti naturali.

Non ci po’ èssiri veru amuri, unni ognunu voli èssiri pattruni.
Non ci può essere vero amore , dove ciascuno voglia essere padrone esclusivo delle proprie cose.

Non si’ amatu, si pensi sulu a tia.
Non sarai amato, se penserai solo a te.

Non su’i biddizzi ca ti fannu amari, ma a gentilezza e lu bonu parrai.
Non sono soltanto le tue bellezze a farti amare, ma la gentilezza e il cortese parlare.

Nuddu ti pigghia, si non t’arrassumigghia.
Nessuno ti piglia, se non ti rassomiglia.

Partutu ca l’amuri, resta lu pintimentu e lu duluri.
Svanito l’amore, restano il pentimento ed il dolore.

Quannu l’amuri tuppulìa, non lu lassari ammenzu a la via.
Quando l’amore bussa alla tua porta, non lo lasciare in strada.

S’astuta prestu lu focu di pagghia.
Si spegne presto il fuoco di paglia.

A collira da sira sarbatilla ppà matina.
La collera della sera conservala per il girono dopo.

Cu lassa a vecchia ppà nova tintu s’attrova.
Chi lascia la vecchia per la nuova si troverà male.

Cu primu nun pensa all’urtimu suspira.
Chi non pensa prima di agire, alla fine non gli resta che sospirare.

Scàcciti juncu ca passa la china.
Piegati giunco perché passa la piena

Cu a spranza d’autri sta, a so pignata un vugghia ma.
Non bolle mai la pentola di chi sta a speranza di altri.

Nun si loda a jurnata se nun scura, né si loda a mugghieri se nun mora.
Non si loda la giornata se prima non fa buio, né si loda la moglie se prima non muore.

Unni a iaddina canta e u iaddu taci, chidda è a casa ca nun c’è paci.
Dove la gallina canta e il gallo tace, quella è la casa dove non c’è pace.

L’amuri è comu lu citrolu, cumincia duci e finisci amaru
L’amore è come il cetriolo, comincia dolce e finisce amaro

Si voi un omu fari scimunire, fallu ‘ngilusiri
se vuoi rendere un uomo più passionale dagli quella giusta dose di gelosia che lo costringa a dedicarsi a te

Ama a cui t’ama, a cui nun t’ama, lassalu
dai il tuo amore a chi realmente ti ama e non perdere tempo con chi non pensa a te

Biddizza senza grazia è comu l’isca senz’ami.
La bellezza senza grazia è come l’esca senza l’amo

Cui di la propia libbirtà si spogghia,sempri si trova cu affannu e cu dogghia
Chi si spoglia della propia libertà, si troverà sempre afflitto da affanni e doglie.

Dici lu cappillanu a la batissa:senza dinari nun si canta missa.
Dice il cappellano alla badessa: senza denari non si canta messa.

La furtuna è fatta a rota,sempri vota e sbota.
La fortuna è come una ruota,  sempre viene e va.

Elettra Prodan

http://news.supermoney.eu/opinioni/2013/02/lo-stato-laico-e-il-matrimonio-008416.html

http://news.supermoney.eu/tecnologia/2013/02/microsoft-acquisisce-la-dell-008584.html#