Carlo Iberti, biografia tra storia e leggenda

Posted on 13/04/2012

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Dare un giusto rilievo a un personaggio che ha lasciato una traccia nella cultura della sua epoca, ma che é sconosciuto alla grande maggioranza delle persone, per mancanza di un’autobiografia alla quale potersi affidare, non é un compito semplice, poiché le notizie sono frammentarie e bisogna procedere sulla base di una ricostruzione storico documentale della sua vita. E’ questo il caso di un’intellettuale piemontese vissuto all’inizio del novecento, appassionato studioso in materia di tesori sepolti in fondo al mare.

Carlo Lorenzo Iberti nacque a San Salvatore Monferrato il 20/11/1874, fu umanista e professore universitario,  per molti anni ha insegnato a Varallo Sesia dove scriveva articoli su un giornale locale “Il Monte Rosa” e partecipava alle attività del “Circolo degli intellettuali”. Nel 1900 pubblicò un commento al Carme “I Sepolcri” di Ugo Foscolo (ed. Paravia Torino, Biblioteca Civica di Biella), per l’originalità dei quali fu considerato un innovatore e ricevette giudizi lusinghieri da letterati, poeti e personaggi illustri del tempo, quali Antonio Fogazzaro, Giosué Carducci, Paolo Mantegazza, Arturo Graf, Luigi Magni, Giovanni Bovio, per citarne solo alcuni. Anche la stampa cattolica, il Verona Fedele con un articolo del 28/11/1900 e l’Osservatore Cattolico il 28 e 29/1/1900, si interessò di questo fatto. Il 16/1/1901 una delle più prestigiose e antiche tra le riviste culturali, la Nuova Antologia, un periodico trimestrale edito da Le Monnier, pubblicò un giudizio sui suoi commenti che viene riportato di seguito.

Immagine“Carlo Iberti, valoroso giovane, che attualmente trovasi ad Edimburgo, chiamatovi a tenere conferenze in quella Università sulla letteratura italiana, ha pubblicato questo pregevole Commento dei “Sepolcri”. Il lavoro, ricco di osservazioni etimologiche, filologiche, storiche, grammaticali, porterà nuova luce sul poema foscoliano, e noi possiamo annoverarlo fra i migliori Commenti di quel gioiello d’arte, Gli studiosi della vista e delle opere del Foscolo troveranno un’ampia ed utile raccolta di notizie in questo volume, che si raccomanda anche per lo stile semplice ed elegante.” 

Celibe, con una vita di relazioni intessute con intellettuali e personaggi di rilievo del tempo, tra gli altri, lo studioso inglese Samuel Butler del quale era molto amico, autore del testo “Alps and Sanctuaries of Piedmont and the Canton Ticino“, noto soprattutto per le sue analisi sulla ortodossia cristiana, per lo studio dell’evoluzione darwiniana (Erewhon) e quello dell’arte italiana e per i suoi scritti di storia e critica letteraria. Morì nel 1902 e, in quell’occasione, il Prof. Iberti scrisse un articolo-epitaffio sul giornale “Il Monte Rosa”.

Nel 1900 é Conferenziere di letteratura italiana all’Università di Edimburgo, nell’epistolario del Prof. Pietro Calderini, dotto e appassionato naturalista fondatore dell’omonimo Museo, c’è una lettera datata 15//10/1900, inviata dal sacerdote Don Luigi Iberti al Calderini, dove accenna al fatto che il fratello Carlo era docente a Glasgow e poi all’Università di Edimburgo.

Nel 1903 scrive per “Contemporary Review”, un giornale dedicato alle relazioni internazionali, politica, ambiente, arti, religione e letteratura, con ampia circolazione istituzionale, organi parlamentari e governativi, ambasciate, università, college e biblioteche pubbliche. La rivista, letta in oltre 60 paesi, compresi gli Stati Uniti, vede cimentarsi scrittori di tutto il mondo.  Il giornale “Press” del 17/1/1903 e il “Powerty Bay Herald” del 30/1/1903 citano i suoi articoli su “Contemporary Review” per i suoi studi e le sue ricerche sulla baia di Vigo.

Dotato di uno spirito indipendente che anelava a nuove scoperte, dedicò gran parte delle sue risorse e del suo tempo alla passione che maggiormente lo interessava, scoprire tesori in fondo al mare e, recatosi in Inghilterra, conobbe un ingegnere italiano con il quale cominciò a collaborare.

Solo dopo un lavoro di ricostruzione, compiuto con lunghi e meticolosi studi che lo portarono a Londra, Parigi  Madrid e Vigo per documentarsi in modo appropriato presso biblioteche e archivi, nei quali si procurò copie di documenti e mappe circostanziate, fonda in Inghilterra una società anonima, con un capitale di 5 milioni, la Sea Salvage Company Limited, che ha per scopo il salvataggio delle navi e dei sottomarini affondati e il recupero dell’oro dal fondo della Baia di Vigo. Riservandosi il ruolo di amministratore insieme al Conte di Oxford e a tre magnati dello Stock Exchange, effettua moltissime conferenze con personaggi potenti della Marina Militare e Mercantile Britannica, con personaggi del Lloyd e della Borsa.

Sea Salvage era il nome della nave attrezzata per i salvataggi in mare e nel marzo del 1912 si trovava nel sud della Gran Bretagna, a Portsmouth, impegnata nel recupero del sottomarino britannico A3 affondato in seguito alla collisione con l’incrociatore Hazard, avvenuta durante le esercitazioni all’inizio di febbraio del 1912. Il sottomarino era affondato in 50/60 piedi d’acqua al largo delle scogliere di Culver Cliff nell’isola di Wight. La notizia del disastro, che causò la morte dell’equipaggio, compare anche sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 28 del 3/2/1912 e prevede che le operazioni di recupero saranno difficili. L’Ammiragliato inglese, non avendo le attrezzature idonee a recuperare il sottomarino e non disponendo di compagnie inglesi libere per poter accettare l’incarico, affida i lavori alla compagnia italian Sea Salvage Company e l’Ing. Iberti, nonostante il mare mosso e le raffiche di neve, dirige le operazioni di sollevamento con un apparecchio di sua invenzione installato sulla Sea Salvage. La missione non riuscì nel recupero perché l’Ammiragliato dette ordine di sospendere i lavori dopo 12 giorni, benché l’Ing. Iberti si rifiutasse di sospenderli perché in fase terminale, per 7 volte dette ordine di continuare i lavori e per 7 volte fu fermato. Dell’operazione di recupero e del dissidio sorto tra l’italiano e l’Ammiragliato inglese, parlarono anche il Daily Telegraph e l’Evening Post nel febbraio e marzo del 1912.

“Una comica battaglia é sorta tra l’Ammiragliato e il Dott. Iberti a cui erano inizialmente state affidate le operazioni di recupero del sottomarino A3, affondato all’inizio di febbraio al largo dell’isola di Wight. Al Dott. Iberti è  stato dato l’appalto per sollevare e consegnare l’A3 nella darsena di Portsmouth e il 6 febbraio aveva stipulato un contratto che prevedeva il pagamento di 100 sterline al giorno per sette giorni e null’altro fino alla consegna quando con soddisfazione del Comandante in Capo sarebbero state pagate altre 1000 sterline. Le condizioni atmosferiche sono pessime e non permettono di lavorare in modo efficiente che 2 giorni sui 12 che sono durati i lavori. L’Ammiragliato revoca l’appalto e il Dott. Iberti si rifiuta di interrompere il suo lavoro dicendo che l’Ammiragliato non aveva nessun diritto di interrompere il contratto che non prevedeva nulla sulla risoluzione. I lavori, egli sostenne in modo veemente, che ormai erano in fase finale ed era pronto a sollevare il sottomarino. Per 7 volte dette ordine di continuare i lavori e per 7 volte i suoi subacquei erano pronti ad immergersi, ma venne sempre fermato fino a che, stanco di quel gioco, si ritirò. L’opinione della Marina viene pienamente giustificata solo che non viene detto che quando era stato stipulato il contratto era già partita un’altra nave grande da Chatam.”  Traduzione e compendio di un articolo di un inviato dell’Evening Post del 1/3/1912.

Nel 1904 si recò a Madrid ed ottenne una concessione di tre anni dal Governo spagnolo per i lavori di recupero nella Baia di Vigo, con una roialty del solo 20 per cento del valore recuperato, la Spagna si fece in quattro per sostenere il suo schema commerciale.

“A Madrid mi attendevano preziosi amici ad ogni passo: Ministri, Sottosegretari di Stato, membri del Parlamento, generali e ammiragli avevano preso il più profondo interesse per l’impresa, e facevano a gara a offrirmi il loro potente aiuto… In tre mesi i miei negoziati con il governo di Sua Maestà Alfonso III mi hanno portato un regio decreto, che, sancito dal Consiglio dei ministri, porta la firma di sua Eccellenza generale Don José Ferrandiz, l’attuale Ministro della Marina, torno in Italia pieno di sogni.”

Editoriale Wreckwatch del 13/3/2012 (http://wreckwatch.wordpress.com)

La concessione venne poi prorogata di altri otto anni fino al 1915, così con gli strumenti tecnici, i capitali e le capacità imprenditoriali dell’Ing. Carlo Iberti inizia l’avventura di questi due piemontesi e Iberti diviene il propulsore e l’anima dell’impresa come descritto in un articolo della “Stampa“, scritto da Giuseppe Bevione nel maggio del 1909. Iberti sostenne che i tentativi precedenti erano falliti per l’approssimazione degli studi e la mancanza di conoscenza della baia che avevano determinato errori di localizzazione, impegnando tempo e risorse per cercare i galeoni dove non c’erano mai stati.

L’impresa sembra che fu interrotta per mancanza di capitali, poiché nel 1923 l’Ing. Carlo Iberti subì l’esproprio da parte del fascismo di tutti i suoi beni mobili ed immobili, avendo perso un ricorso per un’ipoteca cautelativa contro lo Stato Italiano, come risulta nell’archivio storico del Parlamento,  dai ricorsi degli Avv. Puntieri e Nicolai. Da quel momento, come egli stesso scrive in  alcune sue lettere autografe, visse dell’aiuto di alcuni amici, d’insegnamento, dei suoi libri e di consulenze sul recupero di navi in fondo al mare, materia per la quale era considerato un’autorità in materia. 

Nel 1942 pubblica con la casa editrice Hoepli di Milano “Tre miliardi nella baia di Vigo” frutto dei suoi lunghi e accuratissimi studi, corredato da documentazione originale e mappe circostanziate, ancora oggi consigliato come testo autorevole a chi si interessa alla materia. Il libro che faceva parte della biblioteca di Oreste Macrì, critico letterario, filologo, linguista e ispanista italiano, uno dei critici ufficiali dell’ermetismo, alla sua morte fu lasciato in eredità al Gabinetto G.P. Vieusseux, un’istituzione culturale con sede a Palazzo Corsini Suarez, di proprietà del Comune di Firenze che ne ospita gli archivi novecenteschi e venne catalogato tra le Opere generali di carattere storico e politico nella sottosezione FMa ST 90. Il Fondo Macrì, che comprende anche tutta la corrispondenza, giunse all’archivio Contemporaneo nel 2000.

Carlo Lorenzo Iberti morì all’Ospedale Ss. Trinità di Varallo Sesia il 27/9/1946, all’età di 72 anni.

Il mondo nell’era di internet viaggia ad un’altra velocità e il formato digitale permette di accedere a documenti dei quali nemmeno si poteva immaginare l’esistenza, seguendo le tracce mi trovo da un capo all’altro del mondo e le storie di cui ero a  conoscenza non sono che una piccola parte della sua vita che é quella di una persona che univa al libero pensiero anche le capacità imprenditoriali e il coraggio di sperimentare e di innovare, un pensiero non conformista, insomma, ed é sorprendente trovare un libero pensatore in un’epoca in cui di libertà ce n’era veramente poca.

Un breve accenno alla storia della Battaglia navale della Baia di Vigo (o di Rande)

Durante la guerra di successione spagnola si svolse, al largo delle coste della Galizia, la Battaglia navale della Baia di Vigo, tra la flotta anglo-olandese comandata dall’Ammiraglio inglese Sir George Rooke e quella franco-spagnola dell’Ammiraglio Châteaurenault. Tutta l’economia e le finanze del Portogallo dipendevano dai traffici oceanici e i loro alleati francesi non erano in grado di proteggere in modo efficace i collegamenti degli imperi spagnolo e portoghese e neppure del proprio. La spedizione contro la Spagna intrapresa dalla flotta anglo-olandese nel 1702 aveva dato risultati tutt’altro che gloriosi, Rooke non era riuscito a conquistare Cadice per l’opposizione dei cittadini agli invasori e aveva perso la speranza che gli spagnoli potessero in seguito dimostrarsi più favorevoli, causa i saccheggi che non risparmiarono nemmeno le Chiese. Durante il viaggio di ritorno seppe di alcuni galeoni spagnoli, partiti dal Messico con uno dei carichi più preziosi mai trasportati, che erano stati dirottati a Vigo dove approdarono il 23/9/1702, decise quindi di far rotta su Vigo per riscattarsi. Con un forte corpo di spedizione composto da 16 mila uomini tra soldati di fanteria e di marina, al comando del generale Ormonde, attaccò audacemente i galeoni che trasportavano l’oro spagnolo distruggendo la flotta di  Châteaurenault che l’aveva scortata con 30 navi attraverso l’oceano.

Il 23 ottobre l’Ammiraglio inglese Rooke attaccò e sbaragliò con la sua superiorirà la flotta spagnola, riuscì a far cadere i porti fortificati di Vigo e dell’isola di San Simone, di fronte alla città di Redondela, furono distrutte 20 navi francesi, 4 galeoni spagnoli e 8 vascelli che dovevano riunirsi alla squadra, furono catturati 9 galeoni e 8 navi, i franco-spagnoli ebbero duemila morti ed altrettanti tra feriti e dispersi, mentre gli anglo-olandesi non subirono grosse perdite di navi ed ebbero soltanto 800 morti e circa 500 feriti. Una vittoria piena della flotta dell’Ammiraglio Rooke che gli fruttò un bottino di quasi 14 mila sterline in metalli preziosi, mentre sulla parte restante del tesoro, circa 3 milioni di sterline, le notizie sono controverse, alcuni ritengono che affondò con i galeoni spagnoli nella baia di Vigo ma molti storici concordano sul fatto che gran parte del prezioso carico fu portato in salvo a riva durante il mese che precedette la battaglia, vero é che in questo secondo caso ve ne dovrebbe essere traccia nei registri di bordo e in quelli di chi a terra lo ha preso in consegna.

Da quando è avvenuta la Battaglia di Vigo sono stati innumerevoli i tentativi di recuperare il tesoro che rimane sepolto nel fango della baia omonima, dal 1723 la Spagna ha sempre dato concessioni al recupero dei galeoni, non soltanto per puro interesse archeologico ma per il fatto che la Spagna non é affatto sicura che il leggendario tesoro sia stato effettivamente sbarcato, come sottolineato anche in http://www.wreckwatch.wordpress.com che parla delle imprese finanziate dalla Spagna per il recupero di tesori sepolti in fondo al mare, non soltanto a Vigo. Nel 1704 l’Ammiraglio Rooke fu ricompensato con la nomina a governatore di Gibilterra e nel 1703 fu coniata la moneta britannica da una ghinea che porta la scritta Vigo per commemorare la battaglia.

Ancor oggi alcuni studiosi indicano la Baia di Vigo come il luogo in cui giace una parte del tesoro trasportato dalla flotta spagnola sconfitta in quella battaglia ma, fino ad ora, i tentativi di recupero non sono riusciti per l’approssimazione delle ricerche o per mancanza di mezzi tecnici idonei di coloro che avevano pensato di imbragare una delle navi che si frantumò nel risalire, facendo ricadere il suo carico sul fondo del mare. L’impresa tentata dai due ingegneri piemontesi per la prima volta univa uno studio approfondito del luogo da esplorare e i mezzi tecnici adeguati. Il tesoro della Baia di Vigo resterà una vicenda avvolta nel mistero di cui ancora oggi si favoleggia, uno dei tanti segreti custoditi in fondo al mare.

Elettra Prodan

(ARTICOLO IN CORSO DI AGGIORNAMENTO)


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